Che forma ha il buio? Dalla letteratura mitologica alle moderne avanguardie, in un modo o nell'altro, il tema dell'oscurità ricorre come ossessionante metafora nella vita dell'uomo.
Nel vocabolario della lingua italiana il buio viene definito così: << buio: agg. Scuro, senza luce che non permette ( o solo relativamente) la visibilità.>> e quindi, come esperire qualcosa che non vediamo, di cui non conosciamo l'essenza? Cosa accade quando con un gesto di irriverenza, in questo caso “vaffanculo”, reazione compressa che sta per compiersi, si affronta il buio analizzandolo fin quasi a portarlo alla totale snaturazione di esso? “Buio vaffanculo” è una naturale reazione all'indefinito, un titolo del tutto provocatorio: si può davvero abbandonare il buio? Si può vivere di luce senza oscurità? Gli artisti chiamati a partecipare a questa sesta edizione di Vagiti Ultimi porranno appunto il focus sull'essenza del buio, nella quale, così come nella teoria dello ying e dello yang, l'uno è interdipendente dall'altro, dove c'è luce c'è oscurità e viceversa.
Un percorso complesso all'interno del quale l'interiorità e la sensibilità di ogni artista viene messa alla prova e veicolata attraverso espedienti artistici molteplici.
Così in questa dinamica dell'arte si viene ad instaurare un rapporto dialogico tra stili artistici differenti che portano un valore aggiunto a questa tematica e ci proiettano nel conturbante mondo dell'arte.
A partire dai dipinti di Albino Moro, artista abruzzese dalla lunga esperienza, si aprono le porte all’interiorità al ricordo che si fa luce, dell'esperienza come via di fuga dal buio, alle sculture gioiello in bronzo di Giuseppe Palombo che, grazie alla sapiente lavorazione, porta la materia alla sublimazione, trascendendo il buio per elevare la materia verso una luminosità intrinseca quasi fosse una esplosione solare, portatrice di una luce che valica il concetto spazio-temporale.
Dalla sabbia al bronzo, la materia si fa vivida reazione all'indefinito fino a giungere alla visionaria installazione di Luigi Franchi, in arte ZINO, il quale ci guida dentro il lato oscuro del pensiero umano. “Specchio specchio delle mie brame...” una fiabesca concettualità che porta a galla le più recondite bramosie, che tramuta lo spazio inglobandolo fino a rendere l'installazione parte integrante dell'ambiente trascinando lo spettatore in un mondo in cui la rappresentazione valica il confine della realtà.
Andare oltre ogni concezione, oltrepassare il limite del puro realismo giocando su contrasti tra luce e ombra, è il percorso pittorico di Ileana Colazzilli la quale scardina i confini dell' iperrealismo per giungere ad una pittura intimista in grado di condurre oltre il mero espediente tecnico giungendo così al cuore pulsante dell'Io.
L'Io, l'esistenza umana, ciò che viene generata dalla mente di un artista diviene il perno di una produzione caratteristica e perturbante quale quella di Fabio D'Aroma il quale, modifica le forme per creare figure che riflettono la nostra frenesia culturale; corpi stilisticamente deformati emergono da uno sfondo luminoso, del tutto neutro carico di luce mettendo in risalto non solo le silhouette ma anche il lato oscuro che vi è in esse.
Parlando di oscurità non posso che citare alcuni versi della Teogonia di Esiodo che recita: <<...Dal Caos ebber vita quindi Èrebo, e Notte la negra. Nacquero l'Ètere e il Dì dalla Notte, che ad Èrebo mista giacque in amore, e incinse, li die' l'una e l'altro alla luce.>>
In principio fu il caos primigenio a generare la notte e il buio, caos cosmico che ritroviamo nelle tavole del fumettista Carmine Di Giandomenico. Qui la luce nella sua accezione massima si fa spazio attraverso un dinamismo e una forza dirompente, quasi distruttiva, di un fenomeno atmosferico come il fulmine. Saette e lampi danzano in armonioso accordo tra loro, a volte vicine e lontane rischiarando l'aere e donando vigorosa forza allo spazio circostante.
Travalicare la realtà per giungere alla pura essenza è l'elemento distintivo di Paola Di Domenico che, grazie ad un linguaggio informale, abbandona la figura per dare spazio al senso. Un gioco di colori e massicce colate materiche portano alla pura astrazione della forma recuperata da dei piccoli rimandi alla realtà; oggetti incastonati nelle opere come fossero gemme preziose si tramutano in metafisiche chiavi di volta.
Svelare tramite metafore la realtà attraverso una pittura fatta di simboli e rimandi alla sensorialità quotidiana è la mission di Luciano Lupoletti che fa del buio un espediente per svelare le realtà recondite della mente umana, fatte di oggetti, segni emblemi di un vissuto che accompagna ognuno di noi alla riflessione, un percorso che si affianca in maniera del tutto relativa alla concettualità celata nelle foto di Assunta Nespoli: legge il buio come assenza rendendo questo fenomeno un elemento caratterizzante dell'essenza umana, il buio come sublimazione di ciò che non è, che non è stato ma che potrebbe accadere, tentativo di svelare l’indefinito che ci accompagna nell'arco dell'intera esistenza.
Testo di Francesca Martella